LA CARTUCCIA

 

 

di Giuseppe Zoppi

 

 

La “cartuccia” per la carabina è ottenuta dall’assemblaggio di quattro componenti fondamentali: innesco, bossolo, polvere e proiettile.

L’innesco consiste in una capsula contenente una miscela altamente detonante, composta di solito da stifnato di piombo, che esplode quando viene colpita dal percussore e provoca la deflagrazione della polvere. In passato venivano usati il clorato di potassio ed il fulminato di mercurio, ora abbandonati perché lo stifnato di piombo si è dimostrato assai più valido come innescante e non lascia residui altamente corrosivi come il clorato di potassio. Le attuali miscele innescanti sono il risultato di una lunga evoluzione iniziata nel diciottesimo secolo, culminata nel 1929 con il deposito del brevetto sull’uso dello stifnato di piombo negli inneschi da parete del tedesco Edmund von Hertz. Le ricerche in questo campo non sono ancora terminate e recentemente sono stati prodotti inneschi non corrosivi privi di piombo, allo scopo di evitare l’emissione di vapori tossici nei poligoni chiusi.

Indipendentemente dai composti chimici utilizzati, esistono due tipi di sede dell’innesco nel fondello del bossolo: il tipi definito Berdan con incudine che è parte integrale del bossolo e con due piccoli fori di vampa ai lati dell’incudine stessa ed il tipo definito Boxer privo di incudine e con un solo foro centrale. I bossoli Berdan sono ormai obsoleti e le munizioni civili di produzione corrente sono assemblate con bossoli Boxer, nei quali si usano inneschi con incudine inserita nella capsula.

Il bossolo è in ottone e vi possiamo distinguere il fondello, con la sede dell’innesco, ad una estremità ed il collo, in cui viene alloggiato il proiettile, all’estremità opposta. Praticamente tutti i bossoli attualmente utilizzati per la caccia di selezione hanno il collo di diametro inferiore al corpo, e, per la loro forma, sono chiamati “ bottle necked”, cioè a collo di bottiglia; in questo caso il raccordo tra il corpo ed il collo viene chiamato spalla.

In quasi tutti i bossoli utilizzati nelle armi a ripetizione ( con l’eccezione di pochissimi casi tra i quali possiamo citare le armi a leva con serbatoio tubolare) il fondello ha un diametro non superiore a quello della parte prossimale del corpo e presenta una scanalatura che serve per la presa dell’estrattore; i bossoli che presentano questo tipo di fondello si definiscono “rimless”, cioè privi di flangia.

I bossoli progettati per l’impiego in armi basculanti presentano invece sul fondello una flangia di diametro superiore al corpo e non hanno alcun solco alla base, poiché il bossolo flangiato consente di utilizzare nel basculante un meccanismo di estrazione più semplice ed affidabile. Il bossolo flangiato è definito “rimmed” e nella sigla che identifica un calibro rimmed viene aggiunta la lettera R (per esempio 7X57R). Esistono anche armi basculanti che utilizzano bossoli rimless, così come sono state prodotte azioni per armi a ripetizione progettate per cartucce rimmed, però in questi ultimi due casi bisogna superare un maggior numero di difficoltà tecniche.

In alcuni bossoli rimless possiamo trovare immediatamente dopo il solco di estrazione una cintura di spessore leggermente superiore nota con il termine inglese di “belt” e si usa la definizione “rimless belted”, che significa privo di flangia e cinturato. La presenza della cintura non rende il bossolo più resistente e nella maggior parte dei casi è inutile, in quanto non si tratta di una struttura di rinforzo ma serve ad arrestare il bossolo al punto giusto nella camera di scoppio, funzione che nei bossoli a collo di bottiglia può essere svolta in modo migliore dalla spalla. E’ quindi discutibile l’aggiunta della cintura ai bossoli di questa categoria che comprende praticamente tutte le cartucce utilizzate nella caccia di selezione agli ungulati.

Alcuni bossoli rimless hanno il fondello con un diametro leggermente inferiore al corpo ed in questi casi si parla di fondello ribattuto ( in inglese “rebated rimless”), ma si tratta di una caratteristica decisamente rara.

I nomi delle numerose cartucce reperibili in commercio sono spesso causa di confusione per il neofita, confusione accresciuta dal fatto che esistono diversi “codici” per la denominazione dei cosiddetti “calibri”.

Nei paesi europei, escludendo da questo contesto la Gran Bretagna, si usa i sistema metrico decimale dichiarando in millimetri il calibro dell’arma tra i pieni della rigatura e la lunghezza del bossolo vuoto, aggiungendo talvolta in cognome di chi ha messo a punto la cartuccia oppure il nome dell’azienda che per prima l’ha prodotta. Portando come esempio la sigla 7X64 Brenneke, troviamo un bossolo lungo 64 millimetri destinato ad essere utilizzato in una canna con una distanza tra i pieni di 7 millimetri, realizzato da Wilhelm Brenneke. Il diametro reale della palla, essendo uguale al diametro della canna tra i vuoti, è leggermente superiore  e misura circa 7,2 millimetri.

Inoltre possiamo dedurre dalla mancanza della lettera R l’assenza della flangia sporgente ( si tratta di un bossolo rimless, progettato per essere utilizzato in armi a ripetizione).

Le sigle con la lettera R, come 7X65R oppure 9,3X74R, identificano il munizionamento flangiato o rimmed progettato per armi basculanti.

Nei paesi anglosassoni invece troviamo due differenze sostanziali: l’unità di misura impiegata al posto del millimetro è una frazione di pollice (centesimo o millesimo) e non esistono regole per la definizione dei “calibri”. In genere una cartuccia americana o inglese ha un nome composto da un numero che indica il diametro esatto od approssimativo della palla espresso in centesimi o millesimi di pollice, seguito dal nome della persona o dell’azienda che ha messo a punto la cartuccia, oppure da un nome di fantasia. L’aggiunta del termine Magnum indica spesso, ma non sempre, la presenza della cintura alla base (bossoli belted).

Possiamo citare alcuni esempi:

.308 Winchester—cartuccia la cui palla ha un diametro di 308 millesimo di pollice (7,82 millimetri) e che è stata prodotta inizialmente dalla Winchester

.270 Winchester—cartuccia la cui palla ha un diametro approssimativo di 270 millesimi di pollice (il diametro esatto è di 277 millesimi di pollice, cioè 7 millimetri) prodotta inizialmente dalla Winchester

30.06 Springfield—cartuccia con palla di circa 30 centesimi di pollice ( il diametro esatto è di 308 millesimi), messa a punto nell’arsenale di Springfield, la cui produzione è iniziata nel 1906, detta anche 30.06 Government perché adottata nel 1906 dalle forze armate statunitensi

.45-70 Government—cartuccia con palla di circa 45 centesimi di pollice ( il diametro esatto è di 458 millesimi), adottata dalle forze armate americane con una carica di 70 grani di polvere nera

7mm-08 Remington—cartuccia con palla di diametro nominale di 7 millimetri (reale 7,21 millimetri) sul bossolo del 308 Winchester dopo restringimento del collo, prodotta inizialmente dalla Remington

.264 Winchester Magnum—cartuccia con palla di 264 millesimi di pollice, messa a punto dalla Winchester, con bossolo belted.

Quindi questi “nomi” ci informano soltanto sul diametro del proiettile e non su altre dimensioni che possono interessare, inoltre è evidente che le aziende produttrici di munizioni tendono, per motivi commerciali, ad aggiungere il marchio di fabbrica. Quando la Remington produce munizioni in 300 Winchester Magnum è costretta a scrivere il nome di un concorrente su un proprio prodotto e la stessa cosa accade alla Winchester quando produce cartucce in 7 mm Remington Magnum. In un mercato estremamente competitivo quale quello americano questo aspetto commerciale è considerato importante.

E’ indispensabile essere certi che il calibro scritto sulla confezione e sul fondello del bossolo sia uguale a quello punzonato sulla canna dell’arma, poiché talvolta è possibile camerare una cartuccia diversa, ma le conseguenze possono essere catastrofiche e possono arrivare anche all’esplosione dell’arma con rischio di seri danni al tiratore. L’unica eccezione a questa regola riguarda poche cartucce che hanno più di un nome, tra le quali possiamo citare la 8X57 JS che negli Stati Uniti viene chiamata 8mm Mauser, perciò in una carabina calibro 8X57JS possono essere sparate cartucce marcate 8mm Mauser. Come esempio si può ricordare anche la 280 Remington che per alcuni anni è stata prodotta con il nome di 7mm Remington Express, quindi in una carabina calibro 280 Remington possiamo sparare munizioni con uno o con l’altro marchio, che sono identiche.

Esaminando quest’ultimo caso è interessante ricordare che la sigla 7mm Remington Express è stata abbandonata perché si sono verificati casi di cartucce così marcate che sono state sparate, con conseguenze spiacevoli, in carabine camerate per il 7mm Remington Magnum e la Remington ha deciso di evitare di definire due cartucce diverse con sigle molto simili.

Esistono anche rare situazioni in cui viene sparata una cartuccia diversa da quella prevista per una determinata camera di scoppio allo scopo di modificare ( fire-forming) un bossolo dandogli una nuova forma, ma si tratta di una tecnica da lasciare agli esperti che sanno quando e come utilizzarla senza rischi.

Le polveri da sparo moderne hanno come ingrediente principale la nitrocellulosa, da sola od associata ad una percentuale di nitroglicerina, con il compito di fornire l’energia necessaria al lancio del proiettile per mezzo di un’esplosione che produce gas ad altissima pressione all’interno della camera di scoppio e della canna. Insieme alla nitrocellulosa ed eventualmente alla nitroglicerina sono contenute altre sostanze che servono come stabilizzanti e come regolatori della velocità di combustione, che è controllata anche dalla forma e dalla dimensione dei granuli. La velocità di combustione è un parametro fondamentale per l’impiego della polvere ed è naturalmente un valore relativo, tanto che le polveri usate nelle carabine camerate per i calibri comunemente usati per la caccia sono lente rispetto a quelle utilizzate per i fucili a canna liscia o per le pistole, ma veloci se confrontate con le polveri da artiglieria. La pressione massima all’interno della canna si raggiunge quando la palla ha percorso pochi centimetri, ma la spinta dei gas continua ad accelerare il proiettile per un tratto assai più lungo ed è per questo motivo che, a parità di altri fattori, una canna lunga permette di ottenere una più alta velocità iniziale.

L’ultima componente della cartuccia, ma certamente non l’ultima per importanza, è la palla.

Questo termine tradizionale è un ricordo d’altri tempi, poiché le palle sferiche sono state superate da altre forme più efficienti, al punto da essere considerate obsolete già un secolo e mezzo fa. A differenza delle palle sferiche, che ovviamente sono lunghe quanto il calibro dell’arma, i proiettili oggi utilizzati nelle carabine da caccia sono di solito assai più lunghi del calibro e quindi molto più pesanti di una palla sferica dello stesso diametro. Il rapporto tra peso e diametro del proiettile viene definito densità sezionale (SD) e rappresenta un parametro che influenza direttamente le prestazioni. La densità sezionale si ottiene dividendo il peso in libbre per il quadrato del diametro in pollici. Più la densità sezionale è alta, più il proiettile è in grado di conservare la velocità e l’energia iniziali ed inoltre, a parità di peso e di velocità d’impatto e di caratteristiche costruttive, la palla con SD maggiore ha una penetrazione superiore a quella con SD minore.

Idealmente la densità sezionale nei proiettili per carabina non dovrebbe scendere sotto il valore di 0,2, con le palle più efficienti che raggiungono e superano il valore di 0,3. Per questi motivi se una palla di 160 grani di peso e 7 millimetri di diametro è sufficiente per l’abbattimento di un cervo, un proiettile di 9,3 millimetri pesante 160 grani avrebbe una SD troppo bassa ed il maggior diametro impone l’uso di una palla più pesante per raggiungere un sufficiente valore di SD.

Tra  proiettili dello stesso diametro il peso può variare considerevolmente ( per esempio esistono cartucce 30.06 con palle da 110 a 220 grani), perciò è opportuno valutare con attenzione la scelta in funzione delle caratteristiche dell’animale da abbattere. Come linee guida generali si possono considerare i seguenti limiti minimi:

CAPRIOLO - diametro 6 mm/.243 e peso 90 grani

CAMOSCIO E MUFLONE – 6,35 mm/.257 e peso 117 grani

DAINO – 6,5 mm/.264 e peso 130 grani

CINGHIALE E CERVO – 7mm/.284 e peso 160 grani.

Un grano equivale a 0,0648 grammi.

Oltre al diametro ed al peso occorre tenere presente la struttura del proiettile ed i materiali utilizzati.

Più di un secolo fa le cartucce a polvere infume iniziarono gradualmente a sostituire quelle a polvere nera nelle armi militari e, nei primissimi anni del ventesimo secolo, anche nelle armi da caccia le polveri senza fumo causarono una vera e propria rivoluzione balistica. L’altissima velocità ottenuta con i nuovo propellenti consentì traiettorie assai più tese, ma i proiettili in piombo nudo usati fino a quel momento diventarono obsoleti per almeno due motivi:

1)      la rigatura delle canne non riusciva ad avere una presa sufficiente sul proiettile che, invece di avvitarsi nella rigatura, veniva “limato” dalle righe senza ricevere un adeguato moto rotatorio (lasciando inoltre vistose impiombature all’interno delle canne)

2)      all’impatto contro il bersaglio un metallo tenero come il piombo tendeva a frantumarsi con una penetrazione molto scarsa.

A quei tempi, nelle armi a polvere nera, era pratica comune l’uso di proiettili in piombo avvolti nella carta (paper patching), ma quest’ultima tecnica poteva ovviare solo al primo dei due inconvenienti e non certo al secondo. Il problema venne risolto rivestendo il piombo con una camicia (jacket) di metallo più duro del piombo stesso, ma più tenero dell’acciaio delle canne.

Diverse leghe furono usate per questo scopo, ma il rame, da solo o legato ad altri metalli, si dimostrò la scelta più adeguata.

Il nucleo di piombo veniva inserito nella camicia lasciando aperta la base del proiettile per ottenere una palla blindata, oppure lasciando scoperta la punta per ottenere una palla espansiva. Gli effetti lesivi di un proiettile espansivo lanciato ad alta velocità divennero presto ben noti, al punto che la Convenzione de L’Aia del 1907 ne vietò l’impiego nelle guerre tra nazioni sovrane. Contrariamente a quanto è stato più volte detto e scritto, non esiste alcun nesso tra i proiettili delle armi portatili e la Convenzione di Ginevra, che si occupa del trattamento dei prigionieri di guerra.

Il settore della balistica delle palle espansive è andato rapidamente incontro a numerose innovazioni tecniche; pertanto verrà riservato alla trattazione dell’argomento un articolo dedicato.